M come mamma


Non si vedevano da più di tre anni, e quando il bambino ha visto comparire il volto della madre è rimasto senza fiato, senza parole: non era un abbraccio reale, non poteva toccarla, ma ce l’aveva davanti, come presenza viva. Una presenza che gli dava speranza per il futuro». Non trattiene le lacrime Silvia Dumitrache mentre racconta di un incontro via Skype avvenuto grazie al progetto «Te iubeste mama», «Ti voglio bene mamma», lanciato da pochi mesi per ricreare un cordone ombelicale tra Italia e Romania.
Lei, nata a Bucarest dove lavorava come redattrice culturale, per curare il figlio ammalato undici anni fa è venuta nel nostro Paese. E da subito si è imbattuta nella problematica delle badanti: un milione e settecentomila secondo il Censis, di cui il 77% straniere e in maggioranza romene. Donne che lasciano la propria famiglia alla ricerca di un sudato guadagno, spesso in nero e ancora più spesso full time, troncando rapporti con le proprie radici e dove troppe volte l’unico flusso comunicativo rimane l’invio dei soldi in patria. Silvia fonda così l’«Associazione donne romene in Italia». E il pensiero va subito ai tanti bambini, si parla di oltre 300 mila, affidati per tempi infiniti a nonni, zii o parenti vari. «Fino a pochi anni fa molte badanti andavano a casa almeno una volta l’anno. Ora tra la crisi e la concorrenza spietata che c’è, preferiscono non lasciare mai il posto di lavoro. Guardando un documentario su alcuni ragazzini che si erano impiccati perché la loro mamma era partita e non tornava più, è così nata l’idea di sfruttare le potenzialità del web».
Tramite la rete delle Biblioteche nazionali romene, che nelle zone rurali sono già un punto di riferimento per offrire un aiuto concreto agli «orfani bianchi», si sono quindi predisposte postazioni Skype che hanno visto passare in queste settimane quasi 300 giovanissimi. «Ora bisogna aiutare le madri, che spesso non hanno neppure il permesso di usare il computer di casa. Il progetto non ha finanziamenti, ma vorrei creare una piattaforma digitale per favorire queste chiacchierate online. Senza filtri e senza vergogna. Per dirsi, semplicemente, “Ti voglio bene” fissandosi negli occhi»

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